All’assemblea di Casa del Popolo e residenti hanno partecipato il sindaco D’Alberto e gli assessori De Sanctis e Di Bonaventura: la proposta è fattibile, via ai sopralluoghi in 18 appartamenti in due palazzine
TERAMO – La morte di freddo di Alessia e Ablie potrebbe aver costituito la ‘goccia che fa traboccare il vaso’ di via Longo. La tensione, l’amarezza, il disagio sociale, vanno tutti dritti al cuore ascoltando le testimonianze di chi ancora vive qui, dopo la ‘deportazione’ del 2015. Molti di chi è andato via, traslocati dalla vecchia amministrazione comunale in attesa di una riqualificazione che non aveva le gambe per camminare, sono morti d’inedia, strappati alle loro radici chissà mai perché. E chi è rimasto, vede ogni mattina delle palazzine fatiscenti e sempre meno coinquilini. Anzi, c’è un andirivieni di senza fissa dimora che cercano disperatamente un tetto sotto il quale dormire, non importa se senza riscaldamento, acqua corrente o luce.
Adesso però via Longo ha perso la pazienza e grazie all’iniziativa dei giovani di Casa del Popolo hanno potuto dare voce alle loro esigenze, davanti a quell’amministrazione e a quel sindaco che proprio bloccare l’esodo da via Longo fu il primo atto che prese all’insediamento. Oggi i residenti (sono rimaste 12 famiglie su 30 appartamenti ancora abitabili) vogliono risposte, ma non hanno più la pazienza di aspettare i progetti. E la loro assemblea pubblica sul problema dell’edilizia pubblica e del diritto alla casa, si trasforma anche in una manifestazione di solidarietà nei confronti dei due giovani morti per le esalazioni di monossido di carbonio di un braciere di fortuna, due palazzine più in là. I fratelli Giovanni e Davide Rosci, a nome del sindacato Usb, di Casa del Popolo e degli inquilini Erp comunali, lo hanno chiesto a chiare lettere al sindaco Gianguido d’Alberto e agli assessori Ilaria De Sanctis e Valdo Di Bonaventura, che sono venuti a metterci la faccia: c’è bisogno di case per la povera gente, e non solo per i teramani che hanno redditi bassi, ma anche per i senza fissa dimora che rischiano ogni notte di non superarla.
E la richiesta è fattibile, almeno stando all’impegno preso dal sindaco: nelle palazzine ancora abitate ci sono circa 18 appartamenti che si sono liberati per morte degli assegnatari o trasferimenti altrove: “Utilizzate questi per l’accoglienza, in attesa di avviare la realizzazione dei progetti di riqualificazione”. L’appello sembra essere stato recepito: il sindaco ha garantito un sopralluogo nelle prossime ore per verificare lo stato delle abitazioni sfitte e per avviare eventuali interventi di manutenzione o piccola ristrutturazione, in maniera da poterli mettere a disposizione per riassegnazioni o locali di accoglienza temporanea.